Suscribete a
ABC Premium

Papa Francesco: «Ho già firmato le mie dimissioni in caso di impedimento medico permanente»

«In Ucraina non vedo una fine a breve termine. Si tratta di una guerra mondiale»

«Entro due anni nominerò una donna a capo di un dicastero»

«Non mi piace dire che la Spagna ha «conquistato» l'America. Ha colonizzato e non ha fatto pirateria»

«Non ho punito l'Opus Dei, sono molto amico loro e fanno un gran bene»

El Papa Francisco: «He firmado ya mi renuncia en caso de impedimento médico»

Papa Francesco Matías Nieto

((SELEZIONE DI RISPOSTE DELLA INTERVISTA DI PAPA FRANCESCO AL QUOTIDIANO SPAGNOLO ABC))

- Santo Padre, lei si rivolge spesso a coloro che sono lontani, ma non le preoccupa che coloro che sono più vicini alla Chiesa possano sentirsi trascurati?

- Se sono bravi, non si sentono trascurati. Se hanno qualcosa di seminascosto, che nemmeno loro conoscono, sono come il figlio maggiore nella parabola del figliol prodigo: «Ti ho servito per tanti anni, e ora ti occupi di lui, e non mi dai retta». È un peccato brutto, di ambizione nascosta, di voglia di apparire, di essere presi in considerazione, così si potrebbe interpretare... È un po' come vivere l'appartenenza alla Chiesa come un luogo di promozione.

(…)

- Sono passati dieci anni anche dalla rinuncia di Benedetto.

- Lo visito spesso e vengo edificato dal suo sguardo trasparente. Vive in contemplazione... Ha un buon senso dell'umorismo, è lucido, molto vivo, parla piano ma segue la conversazione. Ammiro la sua lucidità. È un grande uomo.

- Che cosa apprezza di più di Benedetto?

- È un santo. È un uomo di alta vita spirituale.

- Quando vedo le recenti foto di Benedetto, che ha 95 anni, sorge l'inevitabile riflessione che sarebbe stato molto difficile per lui governare la Chiesa se non avesse presentato la rinuncia.

- I 'futuribili' sono sempre ingannevoli, quindi non entro in questi discorsi.

- Ha intenzione di definire lo status giuridico di Papa emerito?

- No. Non l'ho toccato affatto, né mi è venuta l'idea di farlo. Ho la sensazione che lo Spirito Santo non ha interesse a che mi occupi di queste cose.

- Ha nominato diverse donne per alte cariche della Curia, ma ancora nessuna come numero uno di dicastero...

- È vero. Ma ci sarà. Ne ho in mente una per un dicastero che si renderà vacante tra due anni. Non c'è nessun ostacolo a che una donna guidi un dicastero dove un laico possa essere prefetto.

- Da cosa dipende?

- Se si tratta di un dicastero di natura sacramentale, deve essere presieduto da un sacerdote o da un vescovo. Anche se si discute se l'autorità provenga dalla missione, come sostiene il cardinale Ouellet, o dal sacramento, come sostiene la scuola di Rouco Varela. È una bella discussione tra cardinali, una questione che i teologi continuano a discutere.

- Benedetto XVI aveva iniziato a incontrare vittime di abusi e lei ha continuato a farlo. Immagino che questa sia la parte più difficile della sua missione.

- È molto doloroso, molto doloroso. Si tratta di persone che sono state distrutte da chi avrebbe dovuto aiutarle a maturare e a crescere. Questo è molto duro. Anche se si trattasse di un solo caso, è mostruoso che la persona che dovrebbe condurti a Dio ti distrugga lungo la strada. E su questo non è possibile alcun negoziato.

(…)

- Sorprende il fatto che i cardinali creati da lei provengano da ambienti molto diversi, che quindi si conoscono poco tra loro. Non pensa che questo renderà più difficile il lavoro dei futuri conclavi?

- Certo! Sì, dal punto di vista umano. Ma è lo Spirito Santo che vi opera nel conclave. C'è stato qualcuno, non so chi, che ha proposto che nella elezione del nuovo Papa partecipino solo i cardinali che abitano a Roma. È questa l'universalità della Chiesa?

- Papa Francesco, una domanda delicata: cosa succede se un pontefice resta improvvisamente impedito da problemi di salute o da un incidente? Non sarebbe opportuna una norma per questi casi?

- Io ho già firmato la mia rinuncia. Era quando Tarcisio Bertone era segretario di Stato. Ho firmato la rinuncia e gli ho detto: «In caso di impedimento medico o che so io, ecco la mia rinuncia. Ce l'hai». Non so a chi l'abbia data Bertone, ma io l'ho data a lui quando era segretario di Stato.

- Vuole che questo si sappia.

- Per questo te lo sto dicendo.

- Anche Paolo VI ha lasciato scritte le sue dimissioni in caso di impedimento.

- Esatto, e credo che anche Pio XII l'abbia fatto.

- Lei non l'aveva mai detto prima.

- È la prima volta che lo dico. Ora forse qualcuno andrà a chiedere a Bertone: «Dammi quella lettera»... (Ride). Sicuramente lui l'avrà consegnata al nuovo segretario di Stato. Gliel'ho data in quanto segretario di Stato.

(…)

- Iniziamo a pensare che una visita di Papa Francesco in Spagna sia quasi impossibile.

- La mia prima scelta è stata quella di visitare i Paesi più piccoli d'Europa. Non sono stato in nessun paese grande d'Europa. Sono andato a Strasburgo, e non per la Francia, ma per visitare le istituzioni europee. Forse l'anno prossimo andrò a Marsiglia per l'Incontro del Mediterraneo, ma non è un viaggio in Francia.

(…)

- A proposito, visto che parla di Catalogna, quale dovrebbe essere il ruolo della Chiesa in questa vicenda?

- La Spagna non è un caso unico al mondo. Ogni Paese deve trovare il proprio percorso storico per risolvere questi problemi. Non esiste un'unica soluzione. Alcune aree hanno ottenuto status preferenziali per risolvere questi problemi, mentre in altre sono state fatte delle divisioni ed è nato un nuovo Paese. È questo il momento della soluzione definitiva per la Catalogna? Non lo so. Questo lo dovete dire voi. Un paio di anni fa abbiamo visto il coraggio di due primi ministri nel risolvere il problema della Macedonia, la Macedonia del Nord. In Italia abbiamo una zona del nord, l'Alto Adige, con uno statuto proprio, dove si parla tedesco e italiano. Gli inglesi hanno risolto le richieste della Scozia «alla maniera inglese».

- La Catalogna gode già di un'autonomia legale molto ampia e il problema è che una parte molto ampia della popolazione rifiuta il movimento secessionista.

- Ma questo non è un problema originale. Questo è accaduto nel corso della storia e nella storia contemporanea, e molte volte in altri Paesi è stato risolto totalmente o parzialmente. Potrebbero volerci anni o decenni per risolverlo. Ma trovate un modo per risolverlo.

- La Chiesa deve svolgere un ruolo (in questo processo) o deve astenersi?

- La Chiesa deve essere incarnata. Se non è incarnata, non va bene, deve accompagnare il suo popolo. Ciò che la Chiesa non può fare è far propaganda per una parte o l'altra, ma sì accompagnare il popolo affinché possa trovare una soluzione definitiva.

- Questo ha creato a volte dei problemi, con i sacerdoti che incoraggiano l'indipendenza, anche nei Paesi Baschi in un certo periodo alcuni sacerdoti hanno dato copertura al terrorismo.

- Purtroppo, quando l'identità sacerdotale si distrae un pochetto, deriva verso la politica. Quando un prete si immischia nella politica, non va bene... Il prete è pastore. Deve aiutare le persone a fare buone scelte. Accompagnarli. Ma non fare il politico. Se vuoi far politica, lascia il sacerdozio e diventa un politico.

(…)

- In Spagna, a molti dispiace la reinterpretazione negativa della storia della Scoperta dell'America.

- L'ermeneutica per interpretare un evento storico deve essere quella del suo tempo, non quella attuale. È ovvio che lì sono state uccise delle persone, è ovvio che c'è stato uno sfruttamento, ma anche gli indiani si sono uccisi a vicenda. L'atmosfera di guerra non fu esportata dagli spagnoli. E la conquista apparteneva a tutti. Distinguo tra colonizzazione e conquista. Non mi piace dire che la Spagna ha semplicemente «conquistato». È discutibile, quanto volete, ma ha colonizzato. Se si leggono le direttive dei re spagnoli dell'epoca su come dovevano agire i loro rappresentanti, nessun re di nessun altro Paese fece tanto. La Spagna entrò nel territorio, gli altri Paesi imperiali rimasero sulla costa. La Spagna non ha fatto pirateria. Bisogna tenerne conto. E dietro a questo c'è una mistica. La Spagna è ancora la Madrepatria, cosa che non tutti i Paesi possono dire.

- Alcune voci in America Centrale chiedono al Vaticano di essere più incisivo contro regimi totalitari come Ortega in Nicaragua o Maduro in Venezuela. Perché il Vaticano è così cauto?

- La Santa Sede cerca sempre di salvare i popoli. La sua arma è il dialogo e la diplomazia. La Santa Sede non se ne va mai da sola. Viene espulsa. Cerca sempre di salvare le relazioni diplomatiche e di salvare ciò che può essere salvato con pazienza e dialogo.

- Cosa pensa del caso di Lula, di nuovo presidente del Brasile dopo essere stato processato e incarcerato?

- È un caso paradigmatico. L'iter processuale è iniziato con notizie false sui media, «fake news», che hanno creato un'atmosfera che ha favorito il suo processo. Il problema delle «fake news» sui leader politici e sociali è molto serio. Possono distruggere una persona.

- Lula è stato condannato per corruzione passiva, ha trascorso 580 giorni in carcere e gli è stato impedito di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2018. Nel 2021, la Corte Suprema ha annullato tutte le sentenze contro Lula perché chi lo ha processato non aveva competenza di giurisdizione.

- Non so come sia andata a finire. Non dà l'impressione che si sia trattato di un processo alla altezza. E a questo proposito, guardatevi da coloro che creano l'atmosfera per un processo, qualunque esso sia. Lo fanno attraverso i media in modo tale da influenzare coloro che devono giudicare e decidere. Un processo deve essere il più pulito possibile, con tribunali di prima classe che non abbiano altro interesse che mantenere pulita la giustizia. Questo caso in Brasile è storico, non mi occupo di politica. Sto raccontando quello che è successo.

- Lei si è espresso più di 100 volte contro la guerra in Ucraina.

- Faccio quello che posso. Non ascoltano. Ciò che sta accadendo in Ucraina è terrificante. C'è un'enorme crudeltà. È una cosa molto seria. Ed è questo che denuncio continuamente.

- Lei cerca di svolgere il ruolo di mediatore, ma c'è chi, da entrambe le parti, critica le sue parole.

- Qua ricevo tutti. Ora Volodymir Zelenski mi ha mandato per la terza volta uno dei suoi consiglieri religiosi. Sono in contatto, ricevo, aiuto...

- Spera in una fine della guerra a breve termine?

- Non vedo una fine a breve termine perché si tratta di una guerra mondiale. Non dimentichiamolo. Ci sono già diverse mani coinvolte nella guerra. È globale. Credo che una guerra venga combattuta quando un impero inizia a indebolirsi, e quando ci sono armi da usare, da vendere e da testare. Mi sembra che ci siano in mezzo molti interessi.

- Come possiamo interpretare i cambiamenti che ha chiesto all'Opus Dei?

- La questione non riguarda l'Opus Dei, ma le «prelature personali». Nello schema della Curia, l'Opus Dei dipendeva dalla Congregazione dei Vescovi, ma nel Codice di Diritto Canonico le prelature sono inquadrate diversamente e i criteri dovevano essere unificati. La questione è stata studiata e si è detto «che la prelatura vada alla Congregazione del Clero». L'ho fatto dialogando con loro. Inoltre, da quando stavo in Argentina sono amico di Mariano Fazio (vicario generale dell'Opus Dei). Si è trattato di una decisione serena e normale fatta da canonisti, anche i canonisti dell'Opus Dei hanno lavorato durante il processo.

- La decisione ha avuto grande eco.

- Alcuni hanno detto: «Finalmente il Papa le ha date all'Opus Dei...!» Io non gli ho dato niente. E altri, invece, dicevano: »Ah, il Papa ci sta invadendo!» Niente di tutto questo. La misura è una ricollocazione che doveva essere risolta. Non è giusto ingigantire la cosa, né per renderli vittime, né per renderli colpevoli che hanno ricevuto una punizione. Per favore. Sono un grande amico dell'Opus Dei, voglio molto bene alle persone del Opus Dei e lavorano bene nella Chiesa. Il bene che fanno è molto grande.

(…)

- Pensa che lei ha in qualche modo cambiato la cultura cattolica, il modo di essere cattolici?

- Non ci avevo mai pensato. Penso che un buon cattolico, soprattutto se appartiene a un movimento o a un gruppo, cambi sempre la cultura. Perché porta speranza e una strada da percorrere. E così cresce la cultura.

(…)

- È tranquillo con la Chiesa cattolica in Germania?

- Non mi toglie la pace. Ho scritto loro una lettera chiara. L'ho scritta da solo. Ci ho messo un mese. È stata una lettera come per dire «Fratelli, rifletteteci».

Esta funcionalidad es sólo para suscriptores

Suscribete
Comentarios
0
Comparte esta noticia por correo electrónico

*Campos obligatorios

Algunos campos contienen errores

Tu mensaje se ha enviado con éxito

Reporta un error en esta noticia

*Campos obligatorios

Algunos campos contienen errores

Tu mensaje se ha enviado con éxito

Muchas gracias por tu participación